sabato 4 ottobre 2014

Educazione affettiva: quando le emozioni rappresentano una risorsa

Nel tempo, mi sto convincendo sempre più che l'affettività sia una risorsa fondamentale del genere umano; allo stesso tempo sta diventando un limite. 
Parlando con i pazienti, con partecipanti ai corsi, con insegnanti, con amici, rimango sconcertata nell'accorgermi di una cosa assolutamente ovvia: nessuno ci insegna come regolare la nostra affettività. 



Nella società in cui viviamo, così individualista e tesa ai risultati, l'emotività viene ritenuta associata ad una fragilità che dev'essere quasi nascosta. 
Essere affettivi o emotivi, è una delle caratteristiche essenziali dell'essere umano, che gli consente di provare, sentire, vivere con una ricchezza di sfumature tali da renderlo entusiasta della vita. 
Con grande rammarico però sto constatando che le emozioni spesso si trasformano in un peso, una zavorra di cui liberarsi per poter riuscire ad affrontare indenni le avversità. 
Quando ci si espone alla vita senza filtri, diviene impossibile mantenere un equilibrio psicologico stabile, ma è pur sempre disfunzionale non sentire emozioni e concentrare la propria attenzione solo sul fare. 

Con delle insegnanti di scuola elementare, durante un corso di aggiornamento, riflettevamo sul fatto che nessuno ci ha mai educato all'affettività o emotività. Fin da quando siamo bambini, qualsiasi espressione emotiva di dolore o tristezza viene immediatamente messa a tacere da genitori, insegnanti, amici. Non è bello vedere una persona che soffre o piange, ma queste emozioni negative sono importantissime per affrontare le esperienze. 
Quando si prova un'emozione negativa si tende a doverla nascondere, a buttarla giù come un boccone amaro; la nostra mente però non dimentica, e dunque i meccanismi di difesa psicologici intervengono spesso spostando o rimuovendo questo vissuto emotivo, che rimane sepolto e nascosto nella nostra parte inconsapevole. Queste emozioni sepolte possono diventare una zavorra senza nome, una sensazione negativa che accompagna giorno dopo giorno, che non si riesce a comprendere e mandare via. 

Nessuno da quando eravamo piccoli ci ha mai detto che si può lavorare con le emozioni ed elaborare anche quelle negative in modo da farla diventare un'esperienza e un'opportunità.

Adesso più che mai è fondamentale educare i bambini e i ragazzi all'affettività: siamo di fronte ad una società che viaggia veloce e sembra non lasciarci il tempo per riflettere. 
Sono convinta che l'educazione affettiva non debba ovviamente limitarsi a dei progetti scolastici, ma che debba essere appresa prima dai genitori, accompagnandoli fin dai primi scambi con il bambino, verso un nuovo linguaggio emotivo nelle famiglie. 

Se, quando si è in casa in famiglia, con i propri figli, si usassero parole come felicità, tristezza, paura, rabbia, gioia, soddisfazione, allora anche i bambini potrebbero scoprire che quelle cose che provano non sono spaventose e intollerabili, ma che si tratta di emozioni, pensabili e con un significato, che quando comprese possono essere lasciate andare.
Noi adulti dobbiamo imparare ad usare le parole dell'affettività nel nostro linguaggio abituale, per alleviare primariamente noi stessi dal peso delle difficoltà, fidandoci nelle enormi possibilità della nostra mente a tollerare ciò che non conosciamo!

Dott.ssa Roberta Schiazza Psicologa
Consulenze individuali, di coppia e familiari (Chieti-Pescara)
#terapiainfantile

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